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Energia: in un quadro di povertà energetica dilagante, il Governo aumenta gli incentivi alle imprese energivore. Necessario aprire un dibattito partecipato in relazione al SEN.

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Robin Hood toglieva ai ricchi per dare ai poveri. Oggi, con i piani in tema di politica energetica prospettati dal Governo, questo paradigma si è totalmente ribaltato: si toglierà ai poveri per dare alle imprese energivore.
Sono diverse le misure che si incrociano in tale settore: dalle disposizioni previste nel DDL Concorrenza (che regalerà alle aziende i clienti attualmente in regime di mercato di maggior tutela), all'abolizione della tariffa progressiva avvenuta con la riforma tariffaria dello scorso anno; dal tentativo, fortunatamente scongiurato, di scaricare il costo del gas per le imprese sui piccoli clienti, al piano di finanziamento per le imprese energivore.
Tanti tasselli che compongo il complesso quadro del sistema energetico nel nostro Paese.
La misura più inconcepibile e controversa è senza dubbio quella che riguarda la destinazione dei ricavi della componente A3, arrivati a segnare quota 13,8 miliardi.
Lo scorso maggio la Commissione Europea ha approvato il piano del Governo italiano per ridurre gli incentivi per le energie rinnovabili, con una riforma che scatterà da gennaio 2018. Fino a qui nulla da obiettare, se non fosse che, con un emendamento approvato, è stato stabilito che il beneficio vada "per un minimo del 50 per cento alla riduzione delle tariffe elettriche degli utenti domestici e delle imprese connesse in bassa tensione". Il restante 50% finirà nelle tasche delle imprese energivore.
Di fronte alla dilagante povertà energetica che affligge il nostro Paese, invece di aumentare gli incentivi per contrastare questo allarmante fenomeno, il Governo pensa bene di aumentare i fondi alle imprese che consumano molta energia nei processi produttivi.
È vero che, per promuovere lo sviluppo, è importante anche sostenere le imprese che, rispetto ad altri paesi, risultano penalizzate sul piano dei costi energetici. Ma è fondamentale vincolare tale sostegno a degli obiettivi precisi: è questa l'elemento principale che ci sembra assente dai piani disposti dal Governo.
Gli incentivi alle imprese energivore devono essere vincolati a dei limiti temporali (ad es. 5 anni, come avviene in Germania) e, soprattutto, a degli interventi di carattere strutturale tesi ad implementare la sostenibilità ambientale e l'efficienza energetica delle stesse. In questo modo si avrebbe un ritorno in termini di investimenti per l'efficientamento e la modernizzazione, utili al Paese anche sul fronte occupazionale.
La riforma degli incentivi alle fonti rinnovabili, inoltre, come sosteniamo da tempo, deve prevedere lo scorporo dalla bolletta elettrica, disponendo strumenti specifici, anche di tipo fiscale.
L'operazione di "ripulitura" delle bollette da componenti ed oneri impropri, infine, deve prevedere una riforma degli oneri di sistema. Quest'ultima, già in programma da tempo nei piani del Governo, ancora non vede spiragli: i cittadini continuano a pagare, per tale voce, oltre il 35% della bolletta, dando luogo a situazioni paradossali dove le componenti per oneri, imposte e spese di trasporto superano di gran lunga le spese per la componente energia.
Con così tante modifiche e riforme in vista, specialmente in fase di definizione del Piano Energetico Nazionale, è inspiegabile come non vi sia la possibilità di confrontarsi con un interlocutore unico, che abbia competenza in materia di energia.
Il dibattito e le osservazioni vengono rimpallate tra le competenze dei diversi Ministeri, senza mai giungere ad alcuna certezza. Per questo chiediamo di avviare un tavolo di confronto sulla materia energetica, aprendo un dibattito serio e partecipato in relazione al SEN, ponendosi come particolare obiettivo:
- L'incremento della tutela degli utenti;
- Il contrasto alla povertà energetica;
- La revisione di agevolazioni ed incentivi.

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